Le attività archeologiche italiane in Swat (provicia del Khyber-Pakhtunkhwa) hanno inizio nel 1955, quando Giuseppe Tucci, famoso tibetologo e orientalista, visitò per la prima volta la regione. Così ebbe inizio un’attività ininterrotta per 60 anni, che ha visto la missione archeologica italiana dell’allora IsMEO, l’istituto presieduto da Tucci (poi IsIAO, oggi Associazione ISMEO) assumere un ruolo di primo piano nell’archeologia del Subcontinente Indo-Pakistano.
Di particolare importanza è l’aspetto tecnico-legale che presuppose l’inizio degli scavi. La legge vigente in Pakistan era ancora quella coloniale, l’Ancient Monument Protection Act del 1904. Ma lo Swat era all’epoca uno stato autonomo, che dipendeva dal Pakistan solo per politica estera, sistema valutario e postale. Nel 1956 Tucci ottenne una licenza di scavo dal Department of Archaeology and Museums, che aveva ereditato le funzioni dell’Archaeological Survey. Ora, secondo il punto di vista giuridico italiano lo scavo, ogni scavo necessita di un contesto legale, e che questo si configura nel titolo di proprietà dei beni rinvenuti, e che tale titolo di proprietà è rappresentato – salvo espresse eccezioni – dal luogo di deposito, ovvero il Museo statale. Nel 1958, documenti d’ archivio ce lo testimoniano, Tucci riuscì a far accettare al sovrano dello Swat che la legge pakistana in materia archeologica fosse estesa allo Swat. Nel 1958 venne quindi aperto il primo nucleo dello Swat Museum a Saidu Sharif, che fu il primo edificio pubblico pakistano nello Swat. Gli scavi, che erano iniziati nel 1956, furono quindi posti quasi subito all’interno di un quadro normativo coerente con la visione giuridica italiana. In pratica la missione venne inquadrata come un vero e proprio “ente per la promozione del turismo e i beni culturali” all’interno dello Stato dello Swat: vanno ricordate le iniziative di esplorazione escursionistica e alpinistica che Tucci chiese al CAI di Roma, i corsi di formazione in lavorazione del legno (tradizionale in Swat) attivati con artigiani altoatesini, i primi esperimenti di innesto con olivi domestici degli olivi selvatici dello Swat, ecc. In campo archeologico la missione ottenne da subito importantissimi risultati con i grandi scavi di Domenico Faccenna nei santuari buddhisti di Butkara I, Panr I e Saidu Sharif I. Altri importanti scavi si sarebbero affiancati presto, quelli delle necropoli protostoriche, degli insediamenti di età storica, dei monumenti dell’Islam, che avrebbero visto, tra gli altri, la partecipazione di Giorgio Gullini, Giorgio Stacul, Massimo Taddei e Umberto Scerrato. Le attività proseguiranno ininterrotte fino al 2007, attraverso fasi di grandi cambiamenti, in primis l’annessione dello Swat al Pakistan nel 1969.
Il progetto ACT: archeologia e mobilizzazione sociale
Dopo una obbligata parentesi – tra il 2007 e il 2010 la MAI sospese i lavori sul campo, quando venne costituito un emirato talebano nello Swat – i lavori sono ripresi nel 2011 grazie al finanziamento da parte del programma di conversione del debito (“debt-swap“) Italia-Pakistan (PIDSA) di un progetto congiunto italo-pakistano denominato “Archaeology, Community, Tourism-Field School” (ACT), di cui è capofila la Missione. Il progetto, si trova attualmente nella sua fase conclusiva. Il totale del finanziamento italiano è stato finora di circa 2,4 milioni di euro, in buona parte utilizzati per le costruzioni civili e l’impiego/formazione del personale locale (oltre 300 operai/trainees) in gran parte internally displaced people durante le operazioni militari del 2009 (2 milioni di profughi dallo Swat). Il personale è stato impiegato e formato in otto cantieri di scavo e restauro (moschea di Udegram, sito urbano di Barikot, aree sacre buddhiste di Saidu Sharif I, Amluk-dara e Gumbat, scultura rupestre di Jahanabad, necropoli protostoriche di Udegram e Gogdara 4) per oltre 1000 giorni di cantiere, nonché in attività di formazione turistica. A cinque anni dall’inizio del progetto i siti sotto la responsabilità dell’ISMEO/ACT sono visitati da oltre 30.000 turisti all’anno (in gran parte nazionali). Questi siti – alcuni dei quali mantenuti dalla Missione per circa 30 anni – sono oggi in corso di acquisizione dal parte del Directorate of Archaeology and Museums, Government of Khyber-Pakhunkhwa con impegno economico pari a circa 3 milioni di euro.
Cuore di tutto il progetto è il nuovo Museo dello Swat realizzato dagli architetti Ivano Marati e Candida Vassallo – in collaborazione con l’ing. Claudio Cristilli (Aires-Università Federico II di Napoli) e gli ingegneri della University of Engineering and Technology di Peshawar. Costruito col contributo italiano nel 1956-1963, l’edificio a seguito di un’analisi statica indipendente è risultato a rischio di crollo parziale. Tra gli eventi che hanno minato la struttura, va ricordata l’esplosione del Febbraio 2008. Parte dell’edificio è stato demolito e parte riabilitato e inserito nella nuova costruzione. Il nuovo Museo è progettato secondo una nuova concezione antisismica, che ne fa – dal punto di vista strutturale – il più avanzato edificio nel suo genere in Pakistan. Il Museo dello Swat, che era stato inaugurato da Giuseppe Tucci il 10 Novembre del 1963 con la lettura di un messaggio del presidente della Repubblica Antonio Segni. L’11 Novembre 2013, il nuovo Museo è stato inaugurato esattamente 50 anni dopo, con la lettura di un messaggio del presidente Napolitano.