L’idea di creare un istituto dedicato principalmente alle relazioni culturali tra l’Italia e i paesi asiatici, e in un primo momento in particolare verso l’India, nacque grazie ai colloqui avuti da Giuseppe Tucci con varie personalità nel corso del suo soggiorno come insegnante nelle università di Shantiniketan, Dhaka e Kolkata, tra il 1925e il 1931. L’idea trovò in Italia terreno fertile nell’ambiente governativo, e grazie anche all’appoggio del filosofo Giovanni Gentile l’Istituto italiano per il Medio ed Estremo oriente aprì i battenti alla fine del 1933. Nel febbraio del 1934 Tucci, che ne era uno dei due vice-presidenti, tenne una conferenza intitolata “L’Oriente nella cultura contemporanea” che era, di fatto, il programma politico dell’Istituto. In esso, Tucci mise lucidamente in evidenza la necessità di reimpostare interamente la nostra mentalità nei confronti dei popoli orientali, criticò l’impostazione accademica degli studi orientalistici, e pose la reciproca comprensione a fondamento ineludibile delle relazioni economiche e politiche.
Sino allo scoppio del secondo conflitto mondiale, l’IsMEO organizzò principalmente corsi di lingue e scambi di docenti, distribuì borse di studio, e curò la pubblicazione di periodici destinati ad un pubblico colto ma non specialista, come Asiatica e Yamato. Fu inoltre aperto un piccolo museo di arte orientale, che cessò nel 1944, quando l’attività dell’Istituto venne sospesa. Alla ripresa delle attività, nel 1947, sotto la presidenza di Tucci, l’Istituto ampliò rapidamente il suo campo di azione, organizzando anche spedizioni scientifiche in Tibet (1948) e Nepal (1952 e 1954), e dal 1955 stringendo accordi con i governi del Pakistan, dell’Afghanistan e dell’Iran per l’apertura di cantieri di scavo archeologico e di restauro monumentale in alcuni dei siti storicamente più significativi, come la valle dello Swat, Ghazni, Isfahan, Persepoli. Accordi che negli anni a venire sarebbero stati stretti anche con altri paesi, tra cui il Nepal, la Thailandia, l’Oman, lo Yemen, il Turkmenistan, facendo dell’Istituto un punto di riferimento essenziale per le attività italiane di ricerca in Asia. Grazie ai reperti provenienti dagli scavi, in accordo con il Ministero della Pubblica Istruzione, fu inoltre promossa l’istituzione del Museo Nazionale d’Arte Orientale (1957). Nel 1995, per ragioni di bilancio, l’Istituto venne fuso con l’Istituto Italo-africano, dando vita all’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente.
Le origini dell’Istituto Italo-Africano risalgono al 1906 quando venne creato un Istituto Coloniale Italiano, poi trasformato in Istituto Italiano per l’Africa nel 1947. Divenuto Istituto Italo-Africano nel 1971 da allora l’ istituzione ha svolto una fondamentale attività in tutti i settori dell’africanistica con una particolare attenzione rivolta alle scienze umane e sociali. La prestigiosa sede dell’Istituto nel palazzo di Via Aldrovandi a Roma è stata il centro di intensa attività culturale anche grazie al ricchissimo patrimonio bibliografico raccolto nella Biblioteca. Assai stretti i rapporti e gli scambi intrattenuti con i paesi del Continente africano attraverso missioni di studio e corsi linguistici, questi ultimi organizzati presso la sede romana. Grazie a questa attività l’Istituto è stato per anni il punto di riferimento di ricercatori di nazionalità africana che soggiornavano a Roma per periodi di studio. Particolarmente efficace l’attività dell’Istituto durante la presidenza di Tullia Carettoni che lo ha diretto fino alla sua confluenza nel nuovo organismo, l’IsIAO, creato nel 1995 con la Legge n. 505.
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Durante la presidenza Carettoni divenne usuale celebrare la “Giornata dell’Africa” presso la Sede di Via Aldrovandi con la partecipazione del Presidente della Repubblica Italiana e gli ambasciatori dei Paesi Africani. L’ampio spettro di competenze coperto dall’Istituto Italo-Africano è stato efficacemente rappresentato nella Rivista “Africa”, rivista internazionale volta a promuovere la collaborazione tra studiosi italiani e africani nella ricerca e sul piano operativo, a cui hanno partecipato i più competenti studiosi italiani e stranieri nel campo dell’Africanistica, dalla storia, alle istituzioni politiche e giuridiche, alla etnologia, alla archeologia e antropologia.
L’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente viene istituito con Legge n. 505 del 1995 per massimizzare le iniziative e le risorse nazionali nel campo d’azione dei precedenti Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente e Istituto Italo-Africano. La sua attività prosegue nel solco tracciato dagli istituti da cui ha tratto vita, promuovendo i rapporti culturali dell’Italia con i paesi di questi due continenti attraverso conferenze internazionali, mostre, pubblicazioni, scavi archeologici, cantieri di restauro e progetti di ricerca di carattere storico, linguistico e filologico. Nonostante le difficoltà poste dalla mutata situazione internazionale, l’Istituto si sforza di mantenere in vita le attività scientifiche italiane in aree quali il Pakistan e l’Afghanistan, oltre ad allargare le iniziative archeologiche a diversi stati centro-asiatici e caucasici nei territori appartenuti all’Unione Sovietica. Anche in Africa nuove ricerche vengono incoraggiate soprattutto nei paesi dell’Africa mediterranea -Egitto e Libia- e in Etiopia, mentre proseguono attività di studio e di formazione rivolte alla Africa occidentale. L’Istituto sconta tuttavia un atteggiamento politico nazionale mutato rispetto ai decenni precedenti, che non vede più nella cultura uno strumento utile al perseguimento di vantaggi diplomatici e/o economici. Si arriva così – dopo una rilevante diminuzione progressiva di contributi pubblici – ad una serie di iniziative volte al suo commissariamento e alla sua chiusura, che verrà realizzata nel novembre del 2011 con la messa in liquidazione amministrativa coatta.